Ci riferiamo all’intervista di Maurizio Caverzan a Pablo Trincia apparsa il 3 luglio 2021 sul giornale La Verità. Il sottotitolo dell’articolo è inquietante: “i genitori accusati falsamente di pedofilia”. L’autore evidentemente non sa che ci sono state 14 condanne definitive per pedofilia per 12 persone comminate 20 anni fa e 3 tentativi di revisione dei processi, ad oggi tutti respinti. Ovviamente anche i lettori non ne verranno a conoscenza, con buona pace della correttezza dell’informazione. Veniamo all’intervista all’autore di Veleno che insiste nel modificare la realtà dei fatti e distorcere quella giudiziaria che riguarda la vicenda dei pedofili della Bassa Modenese.
1. Là dove dice che “le famiglie affidatarie lavorano contro le famiglie naturali” raggiunge l’apice della mistificazione. Da quale pulpito, visto che lui e i parenti naturali da anni definiscono i ragazzi “suggestionati” e noi genitori affidatari/adottivi, artefici di chissà quali influenze nefaste sui nostri figli. Di fronte alle minacce che riceviamo, alle azioni di provocazione e all’odio che sui social vengono scatenate contro di noi, si permette di rovesciare completamente la verità con la massima disinvoltura. Lo diciamo per l’ultima volta: a noi le famiglie naturali sono sempre rimaste indifferenti e così sarà in futuro. Sono invece loro ad attaccare la nostra vita e a mostrare avversione verso di noi, guarda caso da quando è entrato di scena il giornalista. Quello che poi non si capisce è l’affermazione di Trincia quando dice “che non abbandonerà mai l’inchiesta dei Diavoli della bassa“. È lecito chiedersi perché? Forse uno degli obiettivi del giornalista è quello di far riallacciare i rapporti fra i ragazzi vittime di abusi e le loro famiglie biologiche. E tutto questo nonostante l’espressa volontà dei ragazzi di non volersi riavvicinare. Sembra che le dichiarazioni dei ragazzi di oggi, come le loro rivelazioni di allora, non abbiano nessun peso per il giornalista. Ormai ha deciso che, ora come allora, sono frutto di suggestioni ad opera di psicologhe e assistenti sociali, nonché dei genitori affidatari/adottivi, che continuerebbero ancora oggi a “plagiare” i figli e ad impedire loro ogni libertà. Non si comprende proprio il motivo di tanta pervicacia e a questo proposito giova rammentare quanto ha scritto il giornalista Gianluigi Rossini sul Sole 24H del 31 maggio scorso: “dove finisce il diritto di cronaca e inizia il dovere di non nuocere alle persone coinvolte? […] è giusto presentarsi dal nulla, con un registratore, chiedendo ad un ragazzo di parlare degli abusi subiti da bambino?”. Il giornalista è ovviamente libero di perseverare nella sua “missione”, anche se dovrebbe riconoscere che finora ha ottenuto scarsi risultati pratici, ma suoni pure le sue trombe che noi suoneremo le nostre campane per continuare a ribadire la verità, che come è stato efficacemente detto, è una sola.
2. Sulla questione delle revisioni dei processi glissa: “ottenere revisioni è molto difficile… ci sono cavilli, vizi di forma, prescrizioni”. Chi legge le sentenze della Corte di Appello di Ancona del 2020 che, ad oggi, respingono le richieste di revisione del processo Scotta, si rende conto che non si tratta di meri cavilli ma di ben precise e molteplici motivazioni basate sulle prove incontrovertibili di allora confermate ancora oggi, con una parte addirittura dedicata all’operato della Dott.ssa Donati che attesta la correttezza del suo lavoro. Chi leggerà l’articolo del giornalista de La Verità ovviamente capirà tutto il contrario, ancora con buona pace della correttezza di informazione.
3. Sempre sulla questione revisione dei processi sarà assolutamente ininfluente il fatto che ci siano “persone disposte a parlare” come appunto hanno dimostrato, ad oggi, le sentenze di Ancona e come già si sapeva da giurisprudenza di Cassazione sull’argomento. Servono soprattutto “prove nuove” che, come per il caso Scotta non ci sono, quindi smettiamola di propagandare sui media notizie sbagliate paventando chissà quali elementi di prova, per attirare consenso verso la solita causa dei “bambini strappati alle famiglie”. I processi di revisione non si fanno perché non c’è, né finora c’è stata, trippa per gatti.
4. Rispetto alla archiviazione della Procura di Mantova, Trincia sostiene che il Procuratore Martani, autorizzato alle indagini, avrebbe rilevato pressioni della psicologa e della madre affidataria sul bambino. Intanto non risulta che tali considerazioni siano state espresse negli atti, ma che siano al massimo un’opinione personale del Procuratore. Quello che invece il giornalista non dice è che Davide fu sottoposto ad un’ulteriore perizia psicodiagnostica, a cura della Dott.ssa Bertetti del Centro CTA di Milano, incaricata dalla Procura di Mantova. Gli esami testistici di tale perizia furono esaminati dal consulente della difesa; a pag. 155 della sentenza n.87/2000 questo consulente dichiarava: “[…] nel secondo Rorschach ci sono dei vissuti di minaccia molto accentuati, e ci sono dei vissuti che noi in un adulto definiremmo persecutori. […] per quello che era l’assetto psichico di allora, Davide, penso che lui, nel riferire queste cose, sia partito da dei ricordi reali. Davide ha una condizione di allarme permanente, di vissuto di minaccia permanente, che emerge dai test…”. Secondo il Tribunale, perciò, lo stesso consulente della difesa “avvalora […] gli effetti traumatizzanti derivati alla vittima minorenne dal perdurare delle intimidazioni, reiterate fino a qualificarsi persecutorie”.
5. Si continua ad insistere su un presunto “ruolo” del centro Hansel e Gretel nella nostra vicenda, che invece non c’è mai stato, se non per il fatto, ormai noto a tutti, che due psicologhe di quell’associazione furono incaricate dal Tribunale di effettuare perizie psicodiagnostiche su alcuni bambini. Ma, al di fuori di questo, non c’è nulla di più.
6. Evidentemente al giornalista non sono piaciute le interviste della Dott.ssa Donati (documentario Amazon e Resto del Carlino), tanto che, invece di entrare nel merito, si è ridotto a riproporre nel solito modo allusivo e fuorviante la questione del denaro che fu stanziato dalle amministrazioni locali per la cura dei bambini. Non stiamo qui a ripetere cose già dette, ma i documenti parlano chiaro, e forse il giornalista li dovrebbe ricontrollare. Inoltre, troviamo assai inopportuno che vengano fatte allusioni e insinuazioni su fantomatici conflitti d’interessi della Dott.ssa Donati, inerenti a vicende private come un’adozione, che, se non supportate da evidenze certe, non dovrebbero trovare spazio in un giornale, ma al massimo al bar o in chiacchiere tra comari nella piazza del mercato.
7. La platea dei lettori continua così ad essere bersagliata da informazioni fuorvianti, senza un minimo contraddittorio; si immagini a tal proposito cosa potrebbe succedere se al nostro Comitato fosse dato lo spazio di una pagina intera su un giornale! La riprova di quanto affermiamo si è avuta con il documentario di Amazon Prime Video, nonostante che la nostra sia stata una partecipazione minoritaria, si è assistito ad un esplosione di interesse verso il Comitato con tantissime manifestazioni di affetto e solidarietà che hanno fatto triplicare i followers sulla nostra pagina Facebook.