Abusi Zero

Abusi Zero vs Allontanamenti Zero: ecco l’altro “dopo Bibbiano”Abusi Zero vs Allontanamenti Zero

– Articolo pubblicato su Vita.it –

La strumentalizzazione politica di Bibbiano ha lasciato in eredità lo slogan “Allontanamenti Zero”. Proprio dalla Val d’Enza parte ora un movimento opposto, per ribadire che la tutela minori è una funzione delicatissima ma necessaria per uno Stato e per una società: «Non per i servizi, ma per i bambini». Gino Mazzoli presenta le ragioni del Manifesto Abusi Zero, che ha già raccolto 850 firme.

C’è tutto un mondo che prova a riprendere parola. Assistenti sociali, educatori, dirigenti scolastici, psicologi, insegnanti, affidatari, psicoterapeuti, cooperatori sociali… Ma anche tanti che si qualificano semplicemente come cittadini e che forse sono il segno più bello. Perché non si tratta di difendere un sistema, dei posti di lavoro, dei profili professionali, ma di tornare a dire che la tutela minori è qualcosa di necessario. Necessario per i bambini, non per chi ci lavora. Sono più di 850 le firme in calce ad “Abusi Zero”, un piccolo manifesto che da metà novembre ha iniziato a girare in diverse regioni italiane partendo da Reggio Emilia e dalla Val d’Enza. Già, proprio a Bibbiano, il luogo e la vicenda che negli ultimi anni ha incarnato uno dei dubbi più atroci che un sistema di welfare possa porsi: possibile che a “svendere” i bambini e i loro diritti siano proprio quei servizi a cui come società e come Stato affidiamo il compito di tutelarli?

La galassia pro affido che sta rinascendo a Bibbiano
Con Bibbiano, quell’estate del 2019, finì immediatamente sotto accusa l’intero sistema nazionale dei servizi sociali, dell’affido, delle comunità per minori: tutti travolti da un’onda di fango. Oggi qualcuno quel fango vuole iniziare a spalarlo, proprio lì dove si è sedimentato più alto.

Il blog MiFido, il Movimento Abusi Zero, il comitato Voci Vere (i genitori affidatari degli ex minori coinvolti in un’altra terribile storia, quella di Finale Emilia): c’è tutta una galassia di piccoli movimenti informali, che vogliono rilanciare l’affido e restituire credibilità ai servizi, «non per i servizi ma per i bambini», precisano. Sabato 11 novembre, a Reggio Emilia, piazza Casotti era piena per la prima presentazione pubblica del Manifesto Abusi Zero. Le firme si stanno aggiungendo da tutta Italia. Ci sono anche firme illustri, come quella dell’esperta di servizi Franca Olivetti Manoukian, dell’onorevole Pierluigi Castagnetti, di Matteo Iori, presidente del Consiglio comunale di Reggio Emilia, del cooperatore sociale Giovanni Teneggi. C’è già anche una ricaduta politica prodotta da questa iniziativa: alcuni consigli comunali (tra cui quello della città di Reggio Emilia) hanno infatti approvato ordini del giorno che impegnano le amministrazioni locali a muoversi nella direzione segnalata da questo documento.

«La comunità sta tornando a rispondere: agli incontri promossi su questo tema da don Davide Poletti, parroco al Sacro Cuore a Reggio Emilia, la sera arrivano oltre 300 persone», racconta Gino Mazzoli, esperto di welfare e processi partecipativi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Mazzoli è una delle persone che ha contribuito a scrivere il manifesto Abusi Zero. Vive a pochi chilometri da Bibbiano, i suoi figli sono andati a scuola lì, conosce bene quei servizi sociali. Alle accuse mosse ai servizi, non ha mai creduto. Crede invece che ci sia tutta una cultura contraria all’affido e alla tutela dei minori, che ha a che fare con la pedofilia, un orrore tanto grande che si preferisce non vederlo e non maneggiarlo. Ma che esiste.

Diritti dei bambini: un oggetto incandescente?
«C’è tutto un mondo raso al suolo dalla polemica politica strumentale scatenata attorno a Bibbiano nel 2019, in vista delle elezioni amministrative del 2020, con immediato dileguamento dei promotori di questa campagna una volta constatato l’esito delle votazioni: come se i diritti dei bambini fossero un problema intermittente. A fronte di questa onda che ha travolto la credibilità di tutti i servizi sociali italiani, di tutte le famiglie affidatarie e che ha portato allo smantellamento del Tribunale per i minorenni, vanto della giustizia italiana, si è registrato un silenzio imbarazzato e imbarazzante di chi aveva il dovere di tutelare queste importanti conquiste di civiltà. È come se il tema di cui si occupano i servizi per la tutela dei minori fosse un oggetto troppo complesso, ansiogeno e incandescente per essere assunto e maneggiato con la cura che merita. Diamo tutti per scontato che esistano i diritti dei bambini, ma se questi diritti scritti restano solo sulla carta e non sono incarnati in una cultura, non funziona niente», dice Mazzoli.

«Dal punto di vista del politicamente corretto i diritti dei bambini sulla carta ci sono, ma poi quando parli con le persone – anche con gli amministratori locali – quando si arriva a nominare i “servizi” si alza qualcosa per cui vedi che tutti si affrettano a prendere le distanze, come se non si volesse accettare che i bambini non sono una proprietà della famiglia. Dopo Bibbiano anche fra educatori, assistenti sociali, insegnanti, famiglie affidatarie, figure educative che operano con i minori… in tanti sono stati indotti a pensare che proteggere i bambini sia troppo rischioso, o addirittura sgradito: che non sia – come è – un servizio essenziale per la nostra comunità», racconta Mazzoli.

«Qualche minore è stato allontanato troppo frettolosamente? È sempre successo e succederà ancora. Gli assistenti sociali che non sono infallibili, maneggiano l’intervento più pesante che lo Stato fa sui cittadini – ossia l’allontanamento di un figlio – con stipendi irrisori, un tempo limitato a disposizione, informazioni non sempre esaustive, pressioni sociali inaudite. Anche i Carabinieri sbagliano e nessuno dice che i Carabineri non devono esistere. Nell’immaginario collettivo invece, dopo Bibbiano, l’affido è stato seppellito, insegnanti e pediatri pur dinanzi a genitori maltrattanti hanno paura a fare segnalazioni. Non è un problema di salvezza dei servizi, voglio che sia chiaro, ma di tutela dei bambini».

Il Manifesto Abusi Zero
Il Manifesto Abusi Zero è il tentativo di collocare il “dopo Bibbiano” su un piano che tolga di mezzo il tema del processo, degli imputati, di Bibbiano stessa. Di spostare le cose sul piano del dato di realtà: «Lo slogan “Allontanamenti Zero”, che ha già portato ad una legge in Regione Piemonte, con l’effetto di rendere molto difficile l’allontanamento dei minori anche da famiglie violente, è stato coniato sull’onda della narrazione mediatica dell’estate 2019, ma quando succedono eventi orrendi come quelli di quest’estate, quando si è scoperto che le ragazzine stuprate dal branco sono state in qualche modo “offerte” in pasto alla violenza dalle famiglie, all’interno di contesti malavitosi, viene da chiedere ai promotori di queste iniziative legislative se anche in questi casi auspicherebbero “allontanamenti zero”», dice Mazzoli. Il contro-slogan Abusi zero si pone dunque come risposta in positivo a questo clima culturale, «nato sull’onda – ma verrebbe da dire sull’orda – dello sciacallaggio compiuto».

Nel manifesto c’è questa frase: «Le nostre comunità hanno invece bisogno di assistenti sociali che siano tutelanti, di insegnanti che continuino senza paura a segnalare i casi di sospetta violenza, di personale educativo sensibile, di un pronto soccorso efficiente e attento, di pediatri coraggiosi, di psicologi in grado di sostenere persone e famiglie in difficoltà, di comunità di accoglienza che sappiano coniugare professionalità e affetto. Abbiamo bisogno di una comunità intera che sappia mettere il bene del minore al primo posto».

Una risposta sociale
«Non vogliamo fare un movimento, non andiamo a caccia di firme, ci basta essere un “dispositivo aggregante”, con l’obiettivo di ridare fiducia a servizi e affidi in funzione della tutela dei bambini, mettendo in campo parole costruttive, mostrando i “danni collaterali” ingenti dovuti alla strumentalizzazione politica che di Bibbiano è stata compiuta e di cui nessuno ha ancora chiesto scusa», spiega Mazzoli. «Quando i problemi cominciano ad assumere dei numeri così rilevanti (pensiamo solo alle cifre del disagio psichico dei minori che dopo il Covid è esploso) si deve riconoscere che siamo di fronte a problemi sociali. E quando un problema ha una genesi sociale deve essere gestito socialmente, non solo delegando a degli specialisti. Abbiamo bisogno di “allestimenti di comunità”, di una comunità intera che sostiene servizi sociali, scuole e strutture sanitarie perché possano gestire in modo adeguato problemi estremamente complessi. C’è bisogno di comunità che si approprino del disagio che le attraversa, non muovendo però contro le istituzioni, ma alleandosi con esse».

Il processo intanto prosegue, con centinaia di testimoni, più di 700. Lo sta raccontando passo a passo solo Simona Musco su Il dubbio. L’ultima novità è l’ok alla trascrizione negli atti di un audio di 29 secondi, una autointercettazione dei carabinieri di Reggio Emilia durante la quale si sente un militare programmare la “partenza” di alcuni audio relativi alle indagini, ad indagini in corso. «Questa settimana mi sembra ideale per gli audio… quello del lupo… quello dei compiti in classe, del sesso con mamma e papà… tre o quattro devono partire», si sente dire in quell’audio. Le famiglie affidatarie saranno sentite nel settembre 2024. Il rischio concreto è che alla fine i tempi saranno così lunghi che tutto andrà in prescrizione.

Rewind
Era il 26 giugno del 2019 quando 24 persone vennero iscritte nel registro degli indagati, sospettate di aver redatto (o agevolato) relazioni false per allontanare bambini dalle loro famiglie e darli in affido ad amici e conoscenti, con sedute di psicoterapia che (dicevano le accuse) avevano suggestionato i minori, alterando i loro ricordi e inducendoli ad accusare ingiustamente i genitori di molestie sessuali. Immediatamente sotto accusa finì l’intero sistema dei servizi sociali, dell’affido, delle delle comunità per minori. I numeri che uscirono poi furono i seguenti: su 100 procedimenti esaminati negli ultimi due anni, solo in 15 casi i giudici avevano deciso per l’allontanamento dei minori e fra questi i genitori avevano fatto ricorso in 7 casi, tutti respinti dalla Corte d’Appello. Quanto ai 9 casi citati nell’ordinanza della Procura, solo due bambini erano fuori famiglia: gli altri sette erano già rientrati prima che l’inchiesta esplodesse.

La squadra speciale e la commissione d’inchiesta
Per l’Italia però intera l’equazione fu netta, salda inequivocabile: i servizi tolgono i bambini ai loro genitori, per “darli” ad amici. Nacquero la “squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori” istituita dall’allora ministro Bonafede e una “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori”. La squadra speciale, avviata con il ministro pentastellato che soffiava sul fuoco dicendo che «tutti gli operatori dovranno sentire il fiato sul collo da parte della magistratura», dopo pochi mesi dinanzi ai dati abbassò i toni, con lo stesso ministro costretto dall’evidenza a dire che «questi non sono dati allarmanti». Alla Commissione d’inchiesta invece servirono quasi tre anni di lavoro e un report da 132 pagine per concludere che nel sistema delle comunità «nel complesso non sono emerse criticità».

L’onda di fango
Lo slogan “Allontanamenti Zero” nacque così, dalla politica che scelse di cavalcare quell’onda di sospetto e di adultocentrismo: Lega e Cinque Stelle in testa, ma anche Meloni si precipitò a Bibbiano rivendicando di essere stata la prima ad arrivare e promettendo che sarebbe stata l’ultima ad andarsene. Dallo slogan alle norme: in Piemonte la legge “Allontanamenti Zero” è già stata approvata e anche in Emilia Romagna si sta discutendo una proposta analoga, sempre presentata dalla Lega. Nel frattempo Claudio Foti, lo psicoterapeuta imputato nel processo “Angeli e Demoni”, è stato assolto perché il fatto non sussiste, con i giudici che hanno ribaltato la condanna in primo grado a 4 anni. Quel giorno Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta, uno che con la sofferenza dei bambini abusati e maltrattati lavora da decenni e che è stato pressoché l’unico a metterci la faccia nei giorni caldi di Bibbiano, ha scritto del grande danno causato – in un Paese in cui i servizi per l’infanzia sono già assai deboli – dall’ondata di fango e pregiudizio che politici e giornalisti hanno gettato su tutti quelli che si occupano di maltrattamento e abuso dell’infanzia» (leggi qui l’intervista).

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