Coltivare fiducia

Fidarsi. Apriamo un blog dal titolo MiFido. Prima persona singolare: io. Verbo indicativo presente: mi fido. Sottotitolo adulti che si fidano dei bambini. Un’affermazione spiazzante, visto che di solito la pensiamo al contrario, bambini che si fidano degli adulti. E’ come sottoscrivere un manifesto, una dichiarazione di intenti, un impegno che da un io va a costituire un noi. Ci collochiamo in questa cornice e diamo così tanto valore al verbo fidarsi che lo scriviamo due volte. Fiducia è una parola continuamente ripetuta dagli organi d’informazione con due tipi di connessioni linguistiche: fiducia in qualcosa o qualcuno (istituzioni, esperti, classe politica, servizi, tecnici, magistrati, eccetera), fiducia di qualcuno verso qualcun altro (la fiducia degli italiani, delle aziende, dei mercati, eccetera) e quindi è un concetto altamente relazionale. Spesso evocata come se fosse una delle materie prime essenziali per vivere: come l’acqua, l’aria, il sale, il combustibile, il cibo, le telecomunicazioni, è davvero una componente fondamentale delle nostre società. In epoche passate, nei “piccoli mondi delle comunità” premoderne la fiducia si sviluppava tra parenti, tra appartenenti allo stesso “contado”, tra persone che interagivano in relazioni faccia a faccia, nella cornice di tradizioni culturali e religiose. La fiducia interpersonale nella modernità cambia segno e non si concentra più solo su legami diretti di comunità o di parentela. Dobbiamo fidarci di sconosciuti, di estranei, delle istituzioni ed è da loro che ci aspettiamo una certa dose di stabilità, di regolarità e di prevedibilità del mondo in cui viviamo quotidianamente. Mica posso alzarmi tutte le mattine “dubitando del fatto” di avere la corrente elettrica, di poter usare un mezzo pubblico per spostarmi, di ricevere i prodotti o servizi dell’azienda con cui ho stipulato un contratto, di prelevare i soldi dal bancomat, e via di questo passo. Gli esempi sono innumerevoli. Volente o nolente, devo avere una fiducia sistemica, perché la mia esistenza individuale dipende fortissimamente da una complessità e da una serie di fattori per me incontrollabili. Ogni giorno, dunque, rinnovo fiducia ad estranei in una miriade di gesti, scelte, azioni in cui devo dare per scontati i comportamenti di tante altre persone che rimarranno per me dei perfetti sconosciuti. E mi stupisco, mi arrabbio, protesto quando quel flusso organizzato e invisibile si interrompe, per imprevisti (blackout, incidente, catastrofi o, più recentemente, misure per contrastare la pandemia) o per assenza/negligenza di alcuni (che non fanno quel dovrebbero fare).

Ragione e sentimento della fiducia
Fidarsi è un atto razionale, perché si basa su aspettative positive in condizioni d’incertezza, perché ho già sperimentato in precedenza che posso contare su una certa “regolarità degli eventi”, perché ho una qualche idea di come funzionano le cose. E’ una fiducia data-per-scontata, da un lato e, dall’altro, è una fiducia-progetto, sottoposta a verifica e revocabile. Fiducia e speranza non sono la stessa cosa: quando spero, invece, sono in una condizione di ignoranza (non so, non conosco) e quindi sono molto di più in balìa degli eventi. Aver fiducia, insomma, è un modo (più o meno consapevole) di abitare la zona intermedia tra completa conoscenza e completa ignoranza, tra ciò che faccio io e ciò che fanno altri per far funzionare un sistema. Non di sola razionalità è composta la fiducia: è un atteggiamento e un modo di stare al mondo dove è presente anche un’importante componente psicologica e affettiva. Non è un caso che si parli di “tradimento della fiducia”: la parola data non è stata mantenuta, le aspettative sono andate deluse, non sono state fatte cose per noi importanti o siamo stati danneggiati. Nel momento del tradimento sperimentiamo quanto siamo vulnerabili e dipendenti dagli altri: da persone, organizzazioni, istituzioni. E ci sentiamo delusi, offesi, arrabbiati e, talvolta, profondamente feriti.

I danni della sfiducia
L’opposto di fiducia? Sfiducia: un mix tra diffidenza, atteggiamento di chiusura, rinuncia, rassegnazione e scoraggiamento. Cosa accade in società e gruppi umani caratterizzati da mancanza di fiducia? Malessere e disagio si diffondono, le persone spendono energie e tempo a “complottare” e difendersi dalle persecuzioni (vere o presunte) o a progettare attacchi verso nemici (veri o presunti), la sicurezza diventa ossessiva. La sfiducia diffusa e pervasiva paralizza, blocca le attività, è altamente distruttiva per i singoli e per le relazioni interne ed esterne ai gruppi. La sfiducia unita all’assenza di speranza provoca rabbia, protesta, scoppi di aggressività e scontri “tra bande rivali”.

Per ripristinare condizioni di fiducia in queste situazioni sono necessari sia atti concreti e visibili, sia atti riparativi dal forte valore simbolico.

Adulti che si fidano dei bambini
Dare e ricevere fiducia significa infatti consapevolezza delle aspettative reciproche e dei potenziali effetti dannosi (sul singolo, sui gruppi, sulle società interdipendenti) del “tradimento” del patto fiduciario. Da qui discende tutto il resto: rispetto, atteggiamento aperto, attenzione alla comunicazione, a ciò che dico, a ciò che prometto, a ciò che posso/non posso fare per mantenere quella promessa. E, ancora, impegno, coerenza tra il dire e il fare, senso di responsabilità verso gli altri, siano essi conosciuti/vicini o sconosciuti/lontani. Ben sapendo che non tutto è prevedibile e che le possibilità di errore, le ambiguità irrisolte e le “scivolate” sono forse inevitabili.

“Portare lo sguardo su e dare ascolto a” i bambini significa dunque ribaltare e nello stesso tempo alimentare la prospettiva della fiducia-progetto, chiedendo loro di metterci alla prova e verificare. Attraversando insieme le incognite e le emozioni di quella terra di mezzo in cui viviamo, tra completa conoscenza e completa ignoranza.

12 commenti On Coltivare fiducia

  • Questo è un bellissimo spazio di pensiero e di riflessione. Sono felice di esserci!

  • Certo che mi fido dei bambini … come potrei aspettarmi, altrimenti, la loro fiducia? …e di me, mi fido? Sono certa di meritare la fiducia che domando loro, quando mi prodigo in consigli, suggerimenti … magari addirittura imposizioni, divieti…per il loro bene?!

  • Buongiorno Maria, è proprio come scrive lei: la fiducia è una qualità della relazione. Quello di cui parla è quel dubbio che coglie tutti coloro che sentono molto la responsabilità educativa e qui anche la fiducia in sè stessi è importante, soprattutto quando affrontiamo il rischio di sbagliare. Grazie mille del commento Simonetta

  • Prendere esempio dai bambini sempre. Fonte di ispirazione.

  • Adriana Antognoli

    Fiducia come progetto, fidarsi dei bambini, del loro mondo a più dimensioni, personale, familiare e ambientale. Fidarsi dei bambini significa tenere lo sguardo sui loro bisogni multidimensionali, sulle loro risorse e sulle potenzialità. Significa metterli al centro della loro storia e del loro mondo, sedersi lì accanto, per conoscerli e dialogare con questa complessità. Significa avere cura di contesti e luoghi di crescita e di relazioni, coltivare, proteggere e tutelare la fiducia nel mondo “dei grandi” . E significa tanto, tanto altro… Spazi di approfondimento e confronto come questo blog sono vitali per riportare al centro il tema della fiducia, nella comunicazione, nelle istituzioni e come “cura di chi si prende cura”.
    Grazie e buon lavoro!

  • La fiducia é l’ingrediente “magico” nel rendere una relazione tale 😊

    • Proprio così: quante volte ci è capitato di non riuscire a mantenere viva una relazione perché mancava quel magico ingrediente! E magari ci pensiamo meno nelle relazioni coi bambini o gli adolescenti. Grazie del commento!

  • Proprio qualche giorno fa è uscita la classifica dei Paesi più felici. Al primo posto c’è la Finlandia e pare “che dipenda principalmente dalla fiducia della popolazione nei confronti della propria comunità, elemento che in questo momento di pandemia ha contribuito a proteggere il benessere delle persone”.
    Fiducia come elemento da cui dipende la felicità.
    C’è di che riflettere.
    E anche una bella responsabilità nel nostro lavoro con i bambini e i ragazzi.
    Grazie per questo blog, uno spazio di riflessione che seguirò certamente!

    • Grazie Silvia, fiducia nelle istituzioni che contibuisce alla felicità. Importante. Continuiamo il dialogo

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